C’è qualcosa di buono nell’attuale pandemia? Difficile immaginarselo se si considera il numero di malati, il prezzo pagato in vite umane ed una recessione economica che rischia di aggravare ulteriormente una situazione già molto delicata. E se potessimo guardare oltre questa crisi? Se riuscissimo a vedere il COVID-19 come il pulsante di ripristino definitivo per trasformarci in un nuovo tipo di società ed ecosistema resilienti? Qual’è il ruolo dell’industria della bicicletta e della comunità della mountain bike in tutto questo?
Come qualsiasi altro settore, il primo riflesso della comunità mountain bike è stato quello di passare alla modalità di sopravvivenza. L’impatto è enorme per coloro che lavorano nel settore ciclistico, nei negozi di biciclette, come guide e istruttori MTB, formatori, costruttori di sentieri, organizzatori di eventi e, non ultimo, persone attive nel settore del turismo MTB. Con 655.000 persone che lavorano nei settori legati al ciclismo nell’UE (rapporto ECF Cycling Works, 2017), molti posti di lavoro sono in gioco con diversi paesi in pieno blocco e altri in semi-blocco.
Con la maggior parte delle persone nei paesi dell’UE in lock-down o spinta a lavorare da casa e minimizzare gli spostamenti, sono presto comparsi i primi effetti positivi dei blocchi. Nessuna congestione automobilistica nelle grandi città, la nascita di temporanee piste ciclabili urbane, una migliore qualità dell’aria a causa delle minori emissioni di CO2, i cittadini che riscoprono gli spazi verdi e percorsi ricreativi locali (nei paesi in cui è ancora consentita l’attività all’aperto).
Le comunità di ciclisti hanno quasi immediatamente risposto promuovendo i protocolli di distanziamento sociale e di sicurezza COVID-19, facendo diventare trending topic l’hashtag #ridesolo. La spinta per identificare il settore del ciclismo come cruciale in questo momento di crisi ha ripagato rapidamente in molti paesi. I negozi di biciclette riaprono e riparano le bici per i viaggi essenziali, le aziende forniscono biciclette gratuite agli operatori sanitari, i ciclisti forniscono cibo e medicine a persone isolate. La campagna #cyclingtheextramile ha riconosciuto tutti questi sforzi speciali della comunità ciclistica.
La nuova normalità potrebbe non essere affatto così male. Ma ora dobbiamo agire per far sì che gli aspetti positivi della crisi siano duraturi nel tempo per evitare di ricadere nelle vecchie abitudini. Quindi iniziamo a promuovere l’uso della bicicletta ancora di più come mezzo di trasporto sostenibile nelle città e non lasciare che le auto riprendano il loro posto dominante nelle infrastrutture della città. Creiamo più spazi verdi e forniamo un migliore accesso ai parchi peri-urbani. Iniziamo ad investire di più nei percorsi vicino a casa per promuovere uno stile di vita sano ed attivo. Costruiamo comunità MTB locali più forti, pronte a farsi sentire per proteggere la natura o ad impugnare la pala per mantenere i sentieri.
Ripensiamo le destinazioni turistiche e rendiamole luoghi attraenti in cui vivere in modo permanente e non solo da visitare temporaneamente. Trasformiamo le monoculture naturali ed economiche in permaculture con più biodiversità ed una più diversificata gamma di servizi.
Conosciamo i benefici degli sport all’aria aperta per la società. Le persone hanno bisogno di attività fisica e del contatto con la natura per rimanere fisicamente e mentalmente in salute. Il settore degli sport all’aria aperta può fornire e creare un gran numero di posti di lavoro. Dobbiamo convincere il governo a fornire e preservare questi spazi naturali. Facciamo quindi sì che il COVID-19 funga da campanello d’allarme per spostarci verso ecosistemi resilienti, sia naturalmente che economicamente.
Traduzione dall’inglese dell’editoriale di Mark Torsius, general manager IMBA Europe (versione originale qui).